Pagina:Luisa Anzoletti - Giovanni Prati, discorso tenuto nel Teatro Sociale la sera dell'11 novembre 1900 per invito della Società d'abbellimento di Trento, Milano 1901.djvu/10

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sorgerà in cospetto della sovrana mole dantesca, qual figurativa sintesi delle qualità che più illustrarono nella letteratura poetica d’Italia l’ingegno trentino, e con durabile testimonianza, accanto alla gloria di Dante, padre, rappresenterà così in un simbolo monumentale la dignità dei figli.

Avendovi chiarito, o signori, il perchè siasi voluto affidare a una modestissima voce di donna l’onore di parlare davanti a voi, celebrando questa poetica commemorazione, io avrò insieme chiarito fin da principio l’indole, non solo, ma anche la forma del mio discorso. Il mio discorso sarà quale solo poteva essere: uno sguardo rivolto con affetto profondo all’anima e al genio del nostro poeta; una visione quanto a me sarà concesso più elevata e artisticamente comprensiva di quella luce, di quell’ardenza, di quell’astrale intensità di moto psichico, che del poeta costituisce l’essenza e il mistero.

Risiede in questa la possa veramente più che umana, ond’egli a sè rapisce gli spiriti e i cuori, trasforma tutta la natura nel sogno stupendo della sua fantasia, apre nella vita che tutti viviamo la sorgente di nuove squisitissime sensazioni, d’ideali che ci sollevano sopra noi stessi, che ci fanno vivere fuori della realtà, in un mondo ultraterreno; dove non è dato, pur troppo, far lunga dimora, dove la felicità e l’ebbrezza paradisiaca altro non sono che un lampo abbagliante e fulmineo; ma che all’anima in quel lampo rivelano l’ineffabil luce delle cose eterne.

Io volli tener gli occhi rivolti a questa radiosa altezza. Nelle due vite che il poeta vive, la vita della realtà e la vita dell’idea, volli cercare se mi fosse dato di cogliere, meglio che le enimmatiche larve della prima, qualche sprazzo del