Pagina:Luisa Anzoletti - Giovanni Prati, discorso tenuto nel Teatro Sociale la sera dell'11 novembre 1900 per invito della Società d'abbellimento di Trento, Milano 1901.djvu/16

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mille spose, e le agonie di un’intera gente di prodi strappavano al cielo il consenso de’ fati eterni; e quegli stupendi baleni di concordia e di pace, che pareano aprire il paradiso sopra l’arca di Pio IX; e poi le dilacerazioni partigiane e gli odj settarj, le sconfitte magnanime e le inebriate esultanze trionfali; tutta questa cavalleresca impresa, senza pari nella storia, qualora non avessimo i versi del Prati, si andrebbe coprendo della nebbia silente, che ogni cosa umana, anche i fasti più gloriosi ravvolge, quando non raggia sovr’essi l’omerico sole dell’arte; o rimarrebbe almen priva di quelle vivaci colorazioni d’anima, che sino alle ultime stagioni della memoria umana serbano ai fatti storici l’immortal giovinezza della poesia. Poichè Giovanni Prati, o signori, valga la testimonianza di Ferdinando Martini, fu veramente il poeta del risorgimento italiano. Quest’alba radiosa deve all’usignuolo di Trento le sue canzoni più vaghe e più melodiche, le sue note più divinamente ispirate e belle, che sino al tardo pellegrino dell’età moderna diranno, come quella era un’alba non di trasognati mortali, ma di spiriti e di numi vigilanti, che giammai non gustarono il sonno.

Il genio del Prati ha queste tre splendide manifestazioni: poeta nazionale, poeta lirico, poeta romantico. Della prima dissi; dirò ora dell’altre.

Poeta lirico per eccellenza, egli stende le musicali penne per l’immenso universo della bella natura, de’ sentimenti umani, della fantasia e dell’ideale. Tutto egli cantò: il fiore dei campi e i transiti degli astri negl’immensi spazj;