Pagina:Luisa Anzoletti - Giovanni Prati, discorso tenuto nel Teatro Sociale la sera dell'11 novembre 1900 per invito della Società d'abbellimento di Trento, Milano 1901.djvu/51

Da Wikisource.

— 48 —


E v’ha egli un nome, e v’ebbe mai cosa al mondo, per quanto grande e bella, che gli uomini non l’abbiano un tempo obliata?

Ma vi sono oblii, che portano con sè la decadenza e la morte, e seppellendo nel silenzio gli esempj illustri del passato, tornerebbero solo a danno dell’anima d’un popolo. Ma questi oblii non possono durare, perchè l’anima di un popolo può assopirsi talvolta, morire non mai. E tutto ciò che è suo, ha come la primavera rinascite perenni.

Così dovea essere del nome di Giovanni Prati. L’immagine del poeta di Trento, che noi oggi nei voti risalutiamo, rappresenta una fede, un carattere: il carattere e la fede nostra.

Parli in quell’immagine l’anima trentina, quell’anima che nei canti del Prati non mutò mai colore, non dubitò mai de’ suoi splendidi ideali, gli amò, li venerò, li difese strenuamente fino all’ultimo giorno. Non sia un marmo, no, quell’immagine, sia un pensiero; sia il nostro pensiero vivente, che dalle memorie vede sorgere i presagi, e confortando con la gloria dei dì che furono i dì che verranno, leva animoso l’àncora verso quell’avvenire, che il poeta di Trento, inneggiando alla patria sua, così mirava da lontano risplendere:

Ferver di genti, silenzio d’armi,
Fronde d’ulivo, festa di carmi,
L’animo in alto, questa è l’aurora
Che nel mio sogno balena ancora.