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Giulietti, il Biglieri e 12 marinari della R. corvetta «Ettore Fieramosca». I quali tutti erano stati trucidati nel paese dei Danàchil, a cinque giornate dalla costa.

Il governo egiziano, da cui dipendeva il territorio, aprì un’inchiesta. Non volle peraltro che della commissione facesse parte nessun membro italiano. Com’era naturale, i colpevoli non furono rintracciati e l’Italia dovette subire, con lo scorno, la beffa. Gli Egiziani, del resto, sempre avversi ad ogni azione italiana nel Mar Rosso, tornando da Beilul, avevano stabilito di occupare Rahèita, il cui sultano, Berehàn, era nostro protetto. Il capitano Frigerio, comandante della «Fieramosca,» che trovavasi casualmente a Beilùl, seppe dell’intenzione degli Egiziani ed, allora, poichè non c’era tempo da perdere, li precedette occupando Rahèita, con grande sollievo del sultano, che paventava la rapace ed esosa sovranità del governo chediviale.

Gli Egiziani, naturalmente, strillano ed il Governo italiano chiede i buoni uffici dell’Inghilterra, la quale aveva pur sentenziato in precedenza, per bocca del Salisbury, che l’Egitto vantava diritti di sovranità sui territori della costa, dal Capo Guardafui a Massàua. Anzi, il Salisbury aveva esplicitamente fatto capire al Governo italiano, che: «Certo, ove trattisi di una intrapresa commerciale, noi la vedremo con simpatia; c’importa ch’essa non abbia nulla di politica. Il Mar Rosso è la nostra via di comunicazione con le Indie. Il Mar Rosso è la nostra corda sensibile. Se non è questione che d’un tentativo commerciale, la società Rubattino potrà intendersi col Governo egiziano.»

A detta dell’Incaricato d’affari italiano a Londra, la dichiarazione del Salisbury era stata «bene accentuata ed eloquente nella sua brevità». Dati questi precedenti, lord Granville si trovò imbarazzato nella risposta; comunque, avendo il Governo italiano, fattogli capire, con buone