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medesimo, è in istretto dovere di richiamare l’attenzione delle Potenze firmatarie su questa condizione di cose, perchè — anche indipendentemente dallo stato di ostilità di Menelik contro l’Italia — dette potenze, col divieto dell’introduzione di armi e munizioni verso l’Etiopia, facciano rispettare quelle disposizioni internazionali della cui inosservanza Menelìk si è valso e si vale per aprire alla tratta regioni in cui si è dall’Europa voluto abolirla».

Inghilterra, Germania ed Austria-Ungheria accettarono; la Francia si limitò a dire che bastavano le istruzioni date al governatore di Obock, «le quali — dice il Palamenghi — venivano sistematicamente violate». Alla Francia tenne bordone la Russia, che fece finta di non sentire, tanto che una missione etiopica, ricevuta ufficialmente a Pietroburgo, ebbe accoglienze clamorose ed armi e doni dallo stesso Zar.

I documenti, circa gli appoggi effettivi dati dalla Russia e dalla Francia a Menelìch, sono numerosi e tutti chiarissimi; chi ne avesse voglia potrebbe prenderne visione — a meno che non l’abbia fatto sin qui — nel libro, del Palamenghi-Crispi. Del resto, i lazzaristi francesi, cospiranti a danno dell’Italia nella Colonia Eritrea, furono espulsi, con decreto del 22 gennaio 1895.

In un tale stato di cose, e data l’esaltazione del Baratieri, il quale, illuso, forse, dalle precedenti vittorie, non era riuscito a farsi una esatta cognizione della potenza del nemico, si maturarono gli eventi, che condussero alla battaglia di Adua. La quale, accettata coraggiosamente, non fu da lui sennatamente prevista. Lui che, essendo sul luogo, era il vero arbitro della situazione. Ma il Governo non s’illudeva affatto sull’entità delle forze che il Negus avrebbe potuto mettere in campo, poichè l’Antonelli, quando Menelìch era soltanto re della Scioa, le aveva calcolate a circa 190 mila combattenti da poter mobilitare, in