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del Giuba alle identiche condizioni fatte in precedenza al Cecchi.

Fra evidente che Saìd Bargàsc voleva difendersi dalla Germania, la quale mirava ad acquistare influenza, non soltanto commerciale, nei territori costieri della Somalia.

Ma la rivalità non sorse soltanto fra Italia e Germania bensì anche con l’Inghilterra. I consoli di queste due nazioni, infatti, protestando contro il Sultano, ottennero da lui una rinunzia a quanto aveva precedentemente offerto all’Italia. Ma il console d’Italia confermò tuttavia la validità dell’impegno, non Nota indirizzata al Sultano, in data 11 novembre 1886.

Fin qui, adunque, non si era venuto a capo di nulla. Ma venne Francesco Crispi, la cui concezione coloniale — come s’è pur visto fin qui — era pacifica. Egli, quindi, cercò di rimettere a posto le cose.

Morto, nel marzo 1888, il sultano Saìd Bargàsc, furono riprese le trattative col successore e fratello di lui, Saìd Calìfa. Il quale, avendo ricevuto le felicitazioni del Re d’Italia, sconvenientemente non rispose a tale atto di pura cortesia. Di esso approfittò il Crispi, inviando nelle acque dell’Oceano Indiano la R. nave «Archimede» col capitano Cecchi. Il sultano, dietro le giuste rimostranze del Cecchi, chiese le debite scuse al Governo italiano, ma disse di non poter consentire nella concessione dei territori, sostenendo che Inghilterra e Germania vantavano dei diritti, per precedenti accordi col defunto Sultano.

Allora Francesco Crispi si adoperò per avere la rinunzia delle pretese accampate dai Tedeschi; cosa che ottenne agevolmente da parte del Bismark, il quale accettò anche l’invito di convincere il Salisbury, ministro inglese, a fare altrettanto per ciò che si riferiva agli interessi inglesi.

Il Salisbury, infatti, fece pressioni presso la Compagnia britannica dell’Africa orientale, la quale, per bocca del suo