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94 le cerimonie


Aurelia.   Son certa.

Leandro.   Ma ella non sa
com’io abbia scoperto questo suo
fino discernimento.
Aurelia.   Non per certo,
Leandro.   Né ch’egli l’abbia giá a suo piacere
veduta, osservata e contemplata.
Aurelia.   Me! Come mai? Forse pur ora, quando
io sono stata con sí gran premura
chiamata ne la casa a noi contigua
di mio cugino? Io me ne son ben data io
di qualche cosa: oh guarda, se me l’hanno
fatta!
Leandro.   Ora scoprirebbe il tutto. La
mia contentezza d’aver lei gradita
la proposta giá fattale di mio
figlio non era intera, né io stava
quieto nel mio animo, finché
non m’accertava anche del di lui genio.
Potea riuscirgli grave il legarsi
cosí di súbito, e potea l’etá
non lasciargli conoscere il gravissimo
error che in questo caso avrebbe fatto;
potea portar nel cuore qualche fistolo
che l’accecasse per ogni altro oggetto.
Insomma traversie giá mai non mancano,
e sempre giova l’andar cauti. In fatti
alle prime parole ch’io gli mossi
dell’accasarlo súbito, ei mi fece
un viso arcigno e ficcò gli occhi in terra,
come parlassi di sciroppo amaro.
Allora io pensai che contra la
melensaggin sua potea rimedio
prestare il di lei volto efficacissimo.
Usai però l’arte or da lei scoperta,
perché senza apparire a suo bell’agio