Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/101

Da Wikisource.

atto secondo 95


la mirasse. Riuscito a meraviglia

è il mio divisamento. Appena videla,
che cessò ritrosia, svanì freddezza
e niuna avversione ha piú egli a perdere
sua libertá, veduto destinarglisi
prigion sì bella. Or dunque altro non restaci
che ultimare la scritta e prontamente
far le nozze. Quel ch’è di piacer mutuo
non vuol tempo fra mezzo.
Aurelia.   Il signor suo
figliuolo avrebbe ecceduto ben sopramodo
in bontá nel contentarsi della
mia appariscenza.
Leandro.   Ei le ha fatto giustizia,
come ognuno le fa.
Aurelia.   E non può essere
per nissun modo ch’egli abbia trovato
di che appagarsi nella mia persona.
Leandro.   Vuol ch’io l’inganni? Ed a qual fine mai?
Aurelia.   Conciosiacosaché io pur non abbia
grazia alcuna, né dono di natura.
Leandro.   Ma a che serve?
Aurelia.   Io ben so il mio poco merito.
Leandro.   Ma se...
Aurelia.   Ho cognizion di me medesima
tanto che basta: ubbidienza al padre
fu quella che condusse il compitissimo
signor Orazio.
Leandro.   O sia come le pare,
ma in ogni modo egli sará fra poco
a fare le sue parti ed ardirá
insieme di mandarle alcune poche
galanterie di Parigi. Ci sono
varie miscee che mi paion bizzarre,
un ventaglio fra l’altre di novissima
invenzione. Non ha potuto averne