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110 le cerimonie


Orazio.   Certo che altrove non vedrei quel c’ho

veduto or ora, essendo da Pomponio.
Vi ho imparato che si fan complimenti
col cesto ancora; imperoché, venutovi
cert’altro gentiluomo, prima di
seder son iti regolando il cesto
in cadenza, talché un porgealo verso
la sedia e quinci il ritirava in dubbio
che quel dell’altro non fosse sÌ prossimo
al termine, e studiando che cadessero
nel punto istesso l’un e l’altro. E quando
abbiam voluto partirci ambedue?
Pomponio vecchio ed occupato levasi
dal tavolino e vuole accompagnarci;
io per breviarla il lasciava pur fare,
ma il compagno s’è posto all’interdetto
e ha cominciato ad arringargli contra.
Quante ragion, quante figure, quanto
fracasso! Pur si acchetò; ma ecco in sala
si ritorna da capo, e in ogni modo
quel buon vecchio ha voluto anche discendere
venir fino alla porta e un passo e mezzo
fuor di essa. O miseria! Ma cosÌi
sei minuti il negozio, e ’l complimento
porterá via mezz’ora. Almen ci fosse
legge fissa, talché perpetuamente
non si avesser da far contrasti e liti.
né alcun potesse far soperchieria:
poiché tal c’è che vuole accompagnarmi
e poi non vuol per nessun modo essere
accompagnato da me.
Leandro.   Nel complire
sento per altro c’hai trovato un modo
di spicciarti con gran facilitá.
Orazio.   Chi gliel’ha detto?
Leandro.   Due giá m’han riferto