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116 le cerimonie


che a quel del signor Massimo. Ma a che

serve? non è conchiuso il parentado
suo con Aurelia? Perché vuole adunque
inquietar me inutilmente? Io non posso
competer con Aurelia; ella ha fortune
troppo maggiori, e in oggi tanto basta.
Vengono dalla dote le saette,
non dall’arco sognato di Cupido.
Orazio.   Queste saette hanno colto mio padre,
non me, gliel giuro; egli è vero, che la
paterna autoritá mi va traendo
a consentir; ma quando veramente
fossi sicuro del suo genio e fossi...
O cielo, s’io potessi una mezz’ora
discorrer seco quetamente! Non si
potrebb’egli trovare il modo?
Vispo.   Si
signore, è cosa facil; basta che
verso sera ritrovisi in quel vicolo
ch’è di fianco alla casa, alla seconda
fenestra della camera terrena.
Quivi sará la signora Camilla
all’inferriata, ove potrá con tutto
comodo ragionare ed io farò
la sentinella intanto. Ma non veggo
io venire vèr qua il signor Massimo?
È lui per certo.
Camilla.   In grazia si ritiri,
signor Orazio.
Orazio.   Io mi dileguo subito;
ho appunto a far qui presso certa visita.
Ma conferma ella pur l’appuntamento
del suo servo? Io sarò infallibilmente
nel luogo divisato all’ora detta.
Camilla.   Ed io sarò non meno alla fenestra,
poiché cosí pur vuole.