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atto primo 11


che, se giunto m’avesse, le mie sparse

cervella fòran or giocondo pasto
ai rapaci avoltoi. Ma ratto allora,
sottentrando, il prevenni ed a traverso
lo strinsi e rincalzai. Cosí abbracciati
ci dibattemmo alquanto, indi in un fascio
n’andammo a terra, ed arte fosse o sorte
io restai sopra ed ei percosse in guisa
sovra una pietra il capo che il suo volto
impallidí ad un tratto e, le giunture
disciolte, immobil giacque. Allor mi corse
tosto al pensier che, su la via restando
quel funesto spettacolo, inseguito
d’ogni parte i’ sarei fra poco. In core
però mi venne di lanciar nel fiume
il morto o semivivo; e con fatica,
ch’inutil era per riuscire e vana,
l’alzai da terra, e in terra rimaneva
una pozza di sangue: a mezzo il ponte
portailo in fretta, di vermiglia striscia
sempre rigando il suol; quinci cadere
col capo in giú il lasciai. Piombò, e gran tonfo
s’udí nel profondarsi, in alto salse
lo spruzzo e l’onda sopra lui si chiuse.
Né ’l vidi piú, ché ’l rapido torrente
l’avrá travolto e ne’ suoi gorghi spinto.
Giacean nel suol la clava e negra pelle,
che nel pugnar gli si sfibbiò dal petto:
queste io tolsi, non giá come rapine,
ma per vano piacer, quasi trofei.
E chi creder potria che spoglie tali,
o di nessuno o di sí poco prezzo,
m’avesser spinto a ricercar periglio
ed a dar morte altrui?
Adrasto.   Onesta è sempre
la causa di colui che parla solo.