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atto primo | 171 |
Idalba. Quale abuso
ci può esser qui?
Ermondo. Eh, ch’ella non capisce;
direbbero i plebei disingannarla.
Idalba. Ma in somma al vostro mal, signor Ermondo,
non c’è rimedio.
Ermondo. Io confesso che sono
abimato; io ne fui dal primo abbordo
ch’ebbi con lei.
Idalba. Vi lascio adunque e séguito
il mio passeggio; troppo dispiacere
il trattenervi con ogn’altra donna
vi darebbe.
Ermondo. O non giá, si trompa, io stimo
anche le sue bellezze senza fine;
e quand’io prima la vidi e ch’ebbi
quest’onor lá, mi tenni fortunato.
Idalba. Sí, dite pur ch’io all’incontro ho l’onore
di non credervi punto: a rivederci.
Ermondo. Opportuno mi giunge il mio valletto.
SCENA III
Aliso, Despina e Ermondo.
la cameriera di quella signora
dove andate la sera: lite nasce
fra lei e me, qual vi convien decidere.
Allorché questa giovine iersera
vi dimandò la tabacchiera, quella
che tenete sí cara per memoria
di chi la diede, disse di bramarla
solamente per farla oggi vedere