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Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/178

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172 il raguet


ad un valente tornitor capace

di farne un’altra simile. Or chiedendo
io la scatola indietro, mi risponde
che non vuol darla e ch’è sua, perciocché
quando assentiste all’istanza, diceste:
— Volentieri, ecco ve la dono subito. —
E per aver cosí detto pretende
gli abbiate fatto un presente, e di renderla
non vuol si parli.
Despina.   Io mi rimetto a lei:
si risovvenga bene, se non disse
di bocca sua che me la dona.
Ermondo.   Sí;
ma nel linguaggio di moda donare
non vuol dir altro che dare.
Despina.   Ed in quello
de’ padri nostri vuol dire far dono,
regalare; e non so quanti arzigogoli
ora si trovin fuori. Chi dá e toglie,
Il malanno lo prende.
Ermondo.   Regalare
vale ora dare un buon pranzo; si cambiano
i parlari. Ma in fine ha ragione
Despina, ed è sua la scatoletta.
Io mi dovea pensare che, parlando
con lei, dovea parlare come il popolo
e non mai con la nuova lingua nobile,
per la quale ora un autor dona un libro
al publico, benché il libro si venda.
Mi spiace un poco veramente quella
scatola, se ben è di bosco; ma
riaverolla con darne una d’argento.
Intanto, bella giovine, io vi prego
di volermi esser sempre favorevole
presso la vostra padrona.
Despina.   Io d’ognora