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180 il raguet


SCENA III

Anselmo e Alfonso.

Anselmo.   S’io non erro, signore,

ella arriva di nuovo in queste parti,
perché non so d’averla piú veduta,
ed in questa cittá dá ognun nell’occhio
facilmente. Io mi offro al suo servigio,
se alcuna cosa le occorresse mai.
Singoilar cura ho professata sempre
per gli stranieri, ho viaggiato ancor io
e mi son care le occasion di rendere
le cortesie, che da molti in piú luoghi
mi furon fatte.
Alfonso.   Ed io mi do l’onore,
signor, di rendergli unmillion di grazie.
È una gran proprietá la sua, di fare
agli stranier tante onestá. Ciò marca
la bontá del suo cuore, io farò in sorte
che mi conosca sempre tutto a lei.
Anselmo.   Ha ragione Despina: questo supera.
Viaggiando in questo caldo, ella avrá forse
patito assai.
Alfonso.   Per veritá ho sofferto
molto.
Anselmo.   Ben mi suppongo ch’ella avrá
sofferto il patimento con franchezza.
Ella non gradirá quest’orto nostro
di passeggio, che avrá veduto altro.
Alfonso.   Io le dimando perdón .
Anselmo.   Perché mai?
Alfonso.   Ne son soddisfattissimo: a l’ingresso
si gode subito un bel colpo d’occhio.