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atto secondo | 19 |
Ismene. Per me non proverollo al certo, ch’io
imparo tutto di quanta follia
è ’l girsi a procacciar sì gran dolore.
Euriso. Questo è un dolor che con piacer s’acquista.
Ismene. Credimi pur che in tal pensier son fissa.
Euriso. Ma bramata e richiesta il pensi in vano,
che ’l tuo sembiante al tuo pensier fa guerra.
Ismene. Ecco Merope.
SCENA II
Merope e detti.
ripiglia il lagrimar l’usata via.
Euriso. Pur or l’avviso udii.
Merope. Questo è ben altro
che gir pensando, or che al vigor degli anni
era giunto Cresfonte, al miglior modo
di palesarlo omai; questo è ben altro
che figurarsi di vederlo or ora
de la plebe al favor portar feroce
sul tiranno crudel la sua vendetta.
Euriso. Ma perdona, o reina: e chi distrusse
queste dolci speranze? E che rileva,
se lodevol desio guida alcun tempo
per le greche provincie il giovinetto
di sapere e di senno a far tesoro?
Tu omai nel pianto la ragion sommergi.
Merope. Ah! tu non sai da qual timor sia vinta.
Euriso. Dillo, reina.
Merope. Giá due giorni, al ponte
che le due strade unisce, un uom fu ucciso.
Euriso. Il so che Adrasto l’omicida ha colto.