Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/268

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e teco il tuo pastor che tanto adori.

N’andrai contenta a Sciro si; ma sappi,
sappi infedel, che chi ciò ti concede
non è Morasto, è Osmino:
quell’Osmino, o crudel, a cui la fede
per romperla tu desti;
quegli, ingrata, cui tanto amar fingesti
al dolce tempo dell’etá primiera.
Elpina.   O numi, qual portento!
Licori.   Padre, che fia? che sento?
Morasto.   Or vanne pur, né ti dia forse noia
il timore d’avermi ognor presente,
qual perpetuo rimprovero; la bella
e si da me giá sospirata Sciro
in tant’odio or mi cade
eli’anzi che ad essa io trar prometto il piede
a L iperboree estreme aspre contrade.
Fra inospite rupi
co’ serpi e co’ lupi
a viver men vo.
Pur ch’io pur non veggia
un’alma si ingrata,
che infida e spietata
tradisce e dileggia,
contento io sarò.
Licori.   Ciel, tu m’assisti; al solo Osmino io sempre
nodrii fede ed amore,
né per altro segu’io questo pastore,
se non perch’ei pur or creder mi feo
esser Osmin d’Alceo.
Morasto.   Che intendo? O scelerato!
Dunque cosi mentire il nome ardisci?
cosi inganni e tradisci? Io nel tuo sangue
farò...
N a rete. Ferma e t’accheta;
pongasi tutto in chiaro, udiamlo prima.