Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/271

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inclementi le vele,

che periglioso è piu del flutto infido
questo lido crudele.
Morasto.   Si, in questa notte istessa,
giá che i numi alla fine il varco aprirò,
questo scoglio si fugga
e torni Se irò a Sciro.
(S’incamminano tutti per partire, e al parlar d’ Elpina .s’arrestano.)
Et.pina. Ma non vegg’ io nubi raccórsi e al cielo
parte velar della serena faccia?
Licori.   Pur troppo è ver, minaccia
tempesta e nembi d’improvviso velo.
Osmino.   Non però mai questo timor prevaglia
a quel d’Oralto che tornar potria.
Morasto.   Di questo a fronte leggér’cosa sia
e d’Euro e d’Aquilon l’aspra battaglia.
Narete.   No no, non tardiam giá; sperar ci giova
ne l’alma dea, che al cielo e all’aria impera;
e perché suo valor per noi si muova,
fervida a lui facciam volar preghiera.
Te invochiamo, o Giunone; a te nel tempio
arderan Tare, penderanno i voti;
tu frena i venti insani e fa che scempio
non osin minacciare a’ tuoi devoti.
Partono e la scena si muta in orrida e tenebrosa montagna con bocca
chiusa di grandissima spelonca. Segue sinfonia, dopo la quale comparisce
da una parte Giunone sopra nuvole con corteggio d’Aure, che cosi parla:)
Giunone.   Da gli egri mortali
per .schermo de’ mali
al cielo preghiera
non mandasi in van.
A’ patrii lor nidi
n’andranno i miei fidi,
ché d’aria si nera