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272 | poesie varie |
tal di quel volto al suo apparir vederne
nulla io potei, ma a poco a poco o quali
uscian dai raggi le sembianze eterne!
Mirommi e: — Qui (diss’egli) han gl’immortali
spirti lor sede, a cui chi può commise
in difesa de’ regni oprar gli strali;
che le si varie genti in belle guise,
sovra tutti partendo eguale il ciglio,
giusta il numer di questi egli divise.
Italia mia, non paventar periglio:
io quegli son cui perché vegli elesse
a tua difesa l’immortai consiglio.
Io, cui l’alto voler vil tale impresse
grazia che splendo in piú sublime giro,
a canto a quel che l’empio ardir represse,
fuor d’ogn’uso mortale or te qui miro;
t’erse il tuo genio si pel cor sincero
e per l’innato di saper desiro.
Insisti pur ne l’erta via del vero,
ma pria quel che per te pur or s’è ordito,
nuovo laccio spezzar ti fia mestiero. —
Ei tacque, e me fuori di me rapito
meraviglia opprimea; ma tal conforto
mi corse al cor che a dir mi fece ardito:
— O di nostre procelle ancora e porto,
raggio del sommo sol, chi guai maggiori
teme a l’Italia ancor te non ha scorto.
Ma quando fia che sua virtú ristori
la sempre afflitta donna, e che per lei
escati di mano al sole anni migliori?
Mirala in atto onde adirar ten dèi,
piange sui ceppi, qual reo che ’n oscura
prigion di peggio Ita tema; ella è colei
che tanto mondo oppresse, or nobil cura
piú non la punge ed implorando pace
altro non brama che servir sicura.