Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/29

Da Wikisource.

atto secondo 23


Polifonte.   Meglio saria far di costoro scempio.

Adrasto.   Tu stesso a te torresti allora il regno.
Polifonte.   In vuoto regno almen sarei sicuro.
Adrasto.   Ma ciò bramar non giá sperar ti lice.
Polifonte.   E credi tu che sia per poter tanto
nel sentimento popolare il solo
veder del regio onor Merope cinta?
Adrasto.   Sol l’incerto romor che di ciò corre
molti giá ti concilia, e ci ha chi spera
che di Cresfonte la consorte debba
risvegliar di Cresfonte in te i costumi.
Polifonte.   Sciocco pensier. Ma se costei ricusa?
Adrasto.   La donna, come sai, ricusa e brama.
Polifonte.   Mal da l’uso comun questa misuri.
Adrasto.   Di raddolcir la disdegnosa mente
con alcun atto a lei gradito è forza
por cura; arduo non fia che il primo passo.
Fatto questo e ridotta anche ritrosa
e ripugnante a sofferire il nome
di tua sposa, espugnar tutto il suo core
fia lieve impresa; ché a placar la donna
e a far ben tosto del tuo affetto acquisto,
somma han virtude i maritali amplessi.
Fors’anco allora con lusinghe e vezzi
(per alma femminil forte tortura)
giugner potresti il gran segreto a trarle
di bocca: dove quel suo figlio occulti,
qual fin che ha vita, aver tu non puoi pace.
Polifonte.   Questa è la spina che nel cor sta fissa.
Adrasto.   Ciò potrebbe avvenir; ma se persiste
contumace e superba anche in suo danno
e piegar non si vuol, conviensi allora
forza e minacce usar; ché a tutto prezzo
vuolsi ottener di coronar nel tempio
agli occhi dei messeni, in fra la pompa
di festoso imeneo costei, vêr cui