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canto primo 321


questo pur è, ché di colui che pronto
mostrasi al lor piacere odono i numi
le preci. — Disse e, su l’argenteo pomo
la grave man tenendo, addentro spinse
280il gran ferro, né fu di Palla ai detti
restio. Sali di nuovo essa a l’Olimpo
di Giove egidarmato e d’altri dèi
negli alberghi. Ma Achille ancor da l’ira
non cessava e oltraggiò di nuovo Atride:
     285 — Pien di vin, cor di cervo, occhi di cane,
tu né vestir l’usbergo e gir con gli altri
in battaglia giá mai, né a perigliose
portarti insidie co’ migliori osasti.
Questo a te par sicura morte; meglio
290di molto al certo è ne l’armata starsi
e a chi si opponga al tuo voler suoi premi
rapir. Divorator del popol sei,
perché su gente vil regni; per altro
l’ultima or certo avresti ingiuria fatta.
295Ma io ti dico — (ed altamente il giuro
per questo scettro che mai rami e frondi
non metterá, mentre lasciò ne’ monti
il tronco, e verdeggiar piú non vedrassi,
poiché di scorza fu spogliato e i greci
300giudici in mano il portano e coloro
che da Giove han le leggi in guardia; questo
gran giuramento per te sia): — disio,
disio d’Achille verrá certo un giorno
a’ greci tutti e lor soccorso in vano
305di portar bramerai misero, allora
che folti sotto l’omicida destra
d’Ettore andranno a terra, e interno duolo
ti roderá di non aver, piú saggio,
al miglior degli achei prestato onore. —
     310Cosi parlò di Peleo il figlio e, al suolo
il brocchettato d’or baston gittando,