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322 dell’iliade di omero


fosco s’assise. Infuriava Atride
da l’altra parte. Ma invèr essi allora
il dolce parlator Nestore sorse,
315ne’ pilii nato, dicitor facondo,
da la cui lingua piú che mel soavi
scorreano le parole. Erano a lui
due giá d’uomin diversi etá trascorse
nati in Pilo o nodriti e allor su i terzi
320signoreggiava. Or questi ad ambeduo
con saggi sensi a ragionar si mosse:
     — O numi! Alto dolore inver minaccia
la terra argiva, rideran per certo
Priamo e suoi figli, ed i troiani tutti
325sommo nel cuore avran giubilo, queste
se per ventura aspre udiran contese
di voi che per valore e per consiglio
primeggiate. Ma or datemi fede,
ch’ambo di me piú giovin siete ed io
330con maggiori di voi giá tempo usai,
né m’ebber essi in verun modo a vile.
Certo io non vidi, né vedrò giá mai
uomin qual era Céneo e Piritòo
Essadio e Dronce e ’l non minor dei dèi
335Poliferno e Teséo sembiante ai numi.
Vincean quei di valor tutti i mortali;
d’estrema forza e’ furo e con montane
d’estrema forza fere imprendean pugna
e trafiggeanle arditamente. Io spesso
340a conversar con lor, Pilo lasciando,
fin dal suol apio men venia, poich’essi
stessi così volean, e mia battaglia
secondo mio poter faceva anch’io,
né verun de’ mortali a questa etade
345viventi battagliar con lor potrebbe.
Pur miei consigli udiano e a me parole
prestavan fede; or voi però non meno