Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/333

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canto primo 327


vibrò minaccia ch’adempiuta è ancóra;
poiché colei su ratta nave a Crise
mandasi giá per gli occhibruni argivi,
495doni a Febo portando, e questa araldi
preser pur or da la mia tenda e seco,
a me da’ figli degli achei concessa,
menan Briseide giovinetta. Or dunque
reca tu al figlio tuo, se puoi, soccorso;
500vanne in ciel, prega Giove, se pur mai
con la voce e con l’opra a lui giovaste,
ché darti vanto io ben t’udii sovente
nel paterno palagio infra gli eterni
sola a male aver tu sottratto orrendo
505il nubipadre di Saturno figlio,
allorché gli altri dèi, Giunon, Nettuno
e insiem Pallade Atena di catene
stringer voleanlo; ma dai ceppi accorsa
schermo gli festi tu, chiamando in cielo
510il centomani che Briarco dai numi
ed Egeon dagli uomini si noma.
Poiché colui vince di forza il padre
che lieto de l’onor siede appo Giove,
ne paventaro i numi e da’ legami
515s’astennero. Ora dunque a lui da presso,
membrando tutto ciò, siedi e i ginocchi
gli abbraccia se a’ troiani in alcun modo
dar favor consentisse e fino al mare
cacciar gli argivi malmenati, a fine
520che si godano il re loro e il suo danno
lo stesso Agamennon senta, de’ greci
poiché superbo a vile ebbe il piú prode. —
     Tetide lagrimando allor rispose:
— Ahi figlio mio, perché allevaiti a duro
525destin pur nato? Senza pianto e senza
offesa ben veder vorreiti, poi
che breve e corto è il corso tuo; ma ecco