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atto secondo 29


che assai piú d’uopo io stesso ho di conforto

ch’atto or mi sia per dar conforto altrui.
Non pertanto, o reina, il buon desio
e ’l sommo duol che del tuo duolo io sento
fan ch’io pur ti dirò che il tempo è questo
in cui tu devi richiamare al cuore
tutto il valor di tua virtú; e siccome
sovra il corso mortale ed oltre all’uso
del tuo sesso in tutt’altro ogn’altro hai vinto,
cosí in durar contra quest’aspro colpo
ugual ti mostra e fa arrossir gli dèi.
Oscure, imperscrutabili, profonde
son quelle vie per cui, reggendo i fati,
guidar ci suol l’alto consiglio eterno.
Tu ben sai che il gran re per cui fu tratta
la Grecia in armi a Troia, in Auli ei stesso
la cara figlia a cruda morte offerse;
e sai che ’l comandâr gli stessi dèi.
Merope.   O Euriso, non avrian giá mai gli dèi
ciò comandato ad una madre. Un uomo
intendere non può, non può sentire
qual divario ci corra; e poi colei
per la salute universale a morte
n’andò come in trionfo, e al figlio mio
sotto il braccio plebeo spirar fu forza
d’un malandrino. Empio ladron crudele,
con che astuto parlar, con quai menzogne
il tatto dipingea! Chi non gli avrebbe
prestata fede? Or odi, Euriso, io in vita
non vo piú rimaner; da questi affanni
ben so la via d’uscir, ma convien prima
sbramar l’avido cor con la vendetta:
quel scelerato in mio poter vorrei
per trarne prima s’ebbe parte in questo
assassinio il tiranno; io voglio poi
con una scure spalancargli il petto,