Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/397

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canto quarto 391


385esperti; era vicin l’astuto Ulisse
e a canto a lui stavan le non imbelli
de’ cefalesi torme. Non per anco
udito avean lo strepito; moveansi
le di recente eccitate de’ greci
390e de’ troiani domarai falangi;
ma quelle standosi attendeano eh ’altra
forza d’achei sopravvenisse ed impeto
facendo dessero al pugnar principio.
Il che veggendo, il re così sgridolli:
     395— O di Peteo, re da gli dèi nudrito,
figlio, e tu ancor volpina mente e astuti
pensieri occulti? Perché timorosi,
altri aspettando, v’arrestate? Primi
a voi due convenia mostrarvi e il caldo
400de la pugna incontrar, poiché primieri
v’udite ognor chiamar, quando a convito
i personaggi d’invitar c’è in grado,
ove arrostite carni e di melato
vino ampie tazze s’offrono a piacere.
405Ma or se innanzi a voi dieci d’achivi
squadre pugnasser, vi sarebbe caro. —
Bieco il prudente allor mirando Ulisse
cosi parlò: — Qual detto mai dai denti
t’è uscito Atride? E come mai dir puoi
410che neghittosi in guerreggiar siam lenti,
mentre contra i troian domadestrieri
siam noi achivi ch’eccitiam la guerra?
Ben vedrai se ti piace, e se di questo
ti prendi cura, co’ troian piú arditi
415di Telemaco il padre frammischiarsi.
Ma tu invano ragioni. — Sorridendo
Agamennon che lo conobbe irato,
cosi di nuovo favellò: — Divino
Laertiade, pien d’ingegno, io non t’accuso
420punto, né giá contro dover ti sgrido;