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atto terzo 35


che forse del torrente altri giá trasse,

ho spedito a indagar; ma dimmi intanto
ciò ch’egli disse e ciò che seco avea,
ciò che togliesti tu, ciò che rimase.
Adrasto.   Signore, i’ veggio Ismene, indizio certo
che Merope s’appressa. Un sí noioso
incontro sfuggi e ’l primo impeto schiva
del suo dolor; lascia che a suo piacere
con l’uccisor favelli, onde scorgendo
che innocente pur sei di questo sangue,
nuovo motivo d’aborrir tue nozze
non le si desti in cor.
Polifonte.   Ben pensi, Adrasto.
né fia che tempo a investigar ci manchi.

SCENA III

Merope, Egisto e Ismene.

Ismene.   Egli è qui solo.

Merope.   Iniquo, orribil ceffo!
Or fa ch’Euriso accorra, e fa che indugio
non ci frammetta.
Egisto.   O regal donna, o esempio
di virtute e d’onor, lascia ch’io stempri
su le tue vesti in umil bacio il cuore.
Quella pietá che a rea prigion mi tolse
e che nell’ombre di mortal periglio
balenò a mio favor, certo son io
che da te il moto e da te preso ha il lume.
Gli eterni dèi pióvanti ognora in seno
tutti i lor doni, e se cader giá mai
dovessi in caso avverso, essi la mano
porgano a te, qual tu la porgi altrui.
Io per piú non poter dentro il mio core