Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/47

Da Wikisource.

atto terzo 41


SCENA VI

Polifonte e Merope.

Polifonte.   Merope, omai troppo t’arroghi. Adunque

s’a me l’avviso non correa veloce,
cader vedeasi trucidato a terra
chi fu per me fatto sicuro? Adunque
veder doveasi in questa reggia avvinto
per altrui man chi per la mia fu sciolto?
Quel nome, ch’io di sposa mia ti diedi,
troppo ti dá baldanza e troppo a torto
in mia offesa si tosto armi i miei doni.
Merope.   A te che regni e che prestar pur dèi
sempre ad Astrea vendicatrice il braccio
spiacer giá non dovria che d’ira armata
sovra un empio ladron scenda la pena.
Polifonte.   Quanto instabil tu sei! Non se’ tu quella
che poco fa salvo lo volle? Or come
in un momento se’ cangiata? Forse
sol d’impugnare il mio piacer t’aggrada?
Se vedi ch’io ’l condanni, e tu l’assolvi;

se vedi ch’io l’assolva, e tu


’l condanni.

Merope.   Io non sapevo allor quant’egli è reo.
Polifonte.   Ed io seppi ora sol quant’è innocente.
Merope.   Pria mi donasti la sua vita, adesso
donami la sua morte.
Polifonte.   Iniquo fora
grazia annullar a Merope concessa.
Ma perché in ciò t’affanni sí? Qual parte
vi prendi tu? Di vendicar quel sangue
che mai s’aspetta a te? Del tuo Cresfonte
esso al certo non fu, ch’ei giá bambino
morí nelle tue braccia e de la fuga