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48 la merope

SCENA III

Egisto.

  O di perigli piene,

o di cure e d’affanni ingombre e cinte
case dei re! Mio pastoral ricetto,
mio paterno tugurio, e dove sei?
Che viver dolce in solitaria parte,
godendo in pace il puro aperto cielo,
e della terra le natie ricchezze!
Che dolci sonni al sussurrar del vento,
e qual piacer sorger col giorno e tutte
con lieta caccia affaticar le selve,
poi ritornando nel partir del sole,
ai genitor che ti si fanno incontra
mostrar la preda e raccontare i casi
e descrivere i colpi! Ivi non sdegno,
non timor, non invidia; ivi non giunge
d’affannosi pensier tormento o brama
di dominio e d’onor. Folle consiglio
fu ben il mio, che tanto ben lasciai
per gir vagando. O pastoral ricetto,
o paterno tugurio, e dove sei?
Ma in questo acerbo di fu tanta e tale
la fatica del piè, del cor l’affanno,
che da stanchezza estrema omai son vinto.
Ben opportuni son, se ben di marmo,
questi sedili. O quanto or caro il mio
letticiuol mi saria! Che lungo sonno
vi prenderei! Quanto è soave il sonno!