Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
56 | la merope |
vecchiezza ha seco, ché restando in calma
da le procelle degli affetti il core,
se gli occhi foschi son, chiara è la mente
e se vacilla il piè, fermo è ’l consiglio.
Merope. Or dimmi: il mio Cresfonte è vigoroso?
Polidoro. Quanto altri mai.
Merope. Ha egli cor?
Polidoro. Se ha core
Miser colui che farne prova ardisse.
Era suo scherzo travagliar le selve
e ’l guerreggiar le piú superbe fere;
in cento incontri e cento io mai non vidi
orma in lui di timor.
Merope. Ma sará forse
indocile e feroce.
Polidoro. Nulla meno.
Vèr noi, ch’egli credea suoi genitori
piú mansueto non si vide. O quante
e quante volte in ubbidir sí pronto
scorgendolo e sí umil, meco pensando
ch’egli era pure il mio signor, il pianto
mi venia fino a gli occhi e m’era forza
appartarmi ben tosto ed in segreto
sfogare a pieno il cor, lasciando aperto
a le lagrime il corso.
Merope. O me beata!
Non rape entro il mio core il mio contento.
E ben dí tutto ciò veduto ho segni:
che sí umil favellar, sí dolci modi
meco egli usò che nulla piú; ma quando
altri afferrar lo volle, oh se veduto
l’avessi! Ei si rivolse qual leone
e se ben cesse al mio comando, ei cesse
quasi mastin cui minacciando è sopra
con dura verga il suo signor, che i denti