Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/61

Da Wikisource.

atto quarto 55


in stringerlo, in baciarlo.

Polidoro.   Ove ten corri?
Merope.   Perché m’arresti.
Polidoro.   Sta.
Merope.   Lascia.
Polidoro.   Vaneggi.
Non ti sovvieni tu ch’entro la reggia
di Polifonte or sei? Che sei fra mezzo
a’ suoi custodi ed a’ suoi servi? Un solo
che col garzon ti veggia in tenerezza,
dimmi, non siam perduti? In maggior rischio
ei non fu mai, né ci fu mai mestieri
di piú cautela. Dominar conviene
i propri affetti; e chi non sa por freno
a quei desir che quasi venti ognora
van dibattendo il nostro cor, non speri
d’incontrar finché vive altro che pianto.
Non sol dall’abbracciarlo, ma guardarti
con gran cura tu dèi dal sol vederlo;
perché il materno amor, l’argin rompendo,
non tradisca il segreto ed in un punto
di tant’anni il lavor non getti a terra.
Ma perch’ei sappia contenersi, io tosto
l'esser suo scoprirogli e d’ogni cosa
farollo instrutto. Co’ tuoi fidi poi
terreni consiglio e con maturo ingegno
si studierá di far scoccare il colpo.
Tutto s’ottien, quando prudenza è guida.
Per altro assai sovente i gravi affari,
con gran sudor per lunga etá condotti,
veggiam precipitar sul fine, e sai
non si lodan le imprese che dal fine;
e se ben molto e molto avesse fatto,
nulla ha mai fatto chi non compie l’opra.
Merope.   O fido servo mio, tu se’ pur sempre
quel saggio Polidor.