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Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/75

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atto quinto 69


Ismene.   Il figlio tuo l’uccise.

Polidoro.   Colá, nel tempio? O smisurato ardire!
Ismene.   Taci ch’ei fece un colpo, onde il suo nome
cinto di gloria ad ogni etá sen vada;
gli eroi giá vinse e la sua prima impresa
le tante forse del grand’avo oscura.
Era giá in punto il sagrificio, e i peli
del capo il sacerdote avea giá tronchi
al toro per gittargli entro la fiamma;
stava da un lato il re, dall’altro in atto
di chi a morir sen va Merope; intorno
la varia turba, rimirando immota
e taciturna. Io, ch’era alquanto in alto,
vidi Cresfonte aprir la folla e innanzi
farsi a gran pena, acceso in volto e tutto
da quel di pria diverso; a sboccar venne
poco lungi dall’ara e ritrovossi
dietro appunto al tiranno. Allora stette
alquanto, altero e fosco, e l’occhio bieco
girò d’intorno. Qui il narrar vien manco:
poiché la sacra preparata scure,
che fra patere e vasi aveva innanzi,
l’afferrare a due mani e orribilmente
calarla e all’empio re fenderne il collo
fu un sol momento; e fu in un punto solo
ch’io vidi il ferro lampeggiare in aria
e che il misero a terra stramazzò.
Del sacerdote in sulla bianca veste
lo spruzzo rosseggiò; piú gridi alzarsi,
ma in terra i colpi ei replicava. Adrasto,
ch’era vicin, ben si avventò; ma il fiero
giovane qual cignal si volse e in seno
gli piantò la bipenne. Or chi la madre
pinger potrebbe? Si scagliò qual tigre,
si pose innanzi al figlio ed a chi incontra
veniagli opponea il petto. Alto gridava