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70 la merope


in tronche voci: — È figlio mio, è Cresfonte;

questi è ’l re vostro; — ma il romor, la calca
tutto opprimea: chi vuol fuggir, chi innanzi
vuol farsi; or spinta or risospinta ondeggia,
qual messe al vento, la confusa turba
e lo perché non sa: correr, ritrarsi,
urtare, interrogar, fremer, dolersi,
urli, stridi, terror, fanciulli oppressi,
donne sossopra, oh fiera scena! Il toro,
lasciato in sua balia, spavento accresce,
e salta e mugge: echeggia d’alto il tempio;
chi s’affanna d’uscir preme e s’ingorga
e per troppo affrettar ritarda. In vano
le guardie lá, che custodian le porte,
si sforzaro d’entrar, che la corrente
le svolse e seco alfin le trasse. Intanto
erasi intorno a noi drappel ridotto
d’antichi amici; sfavillavan gli occhi
dell’ardito Cresfonte, e altero e franco
s’avviò per uscir fra i suoi ristretto.
Io che disgiunta ne rimasi, al fosco
adito angusto che al palagio guida
mi corsi, e gli occhi rivolgendo io vidi
sfigurato e convolto — orribil vista! —
spaccato il capo e ’l fianco, in mar di sangue
Polifonte giacer; prosteso Adrasto
ingombrava la terra, e semivivo
contorcendosi ancor, mi fe’ spavento,
gli occhi appannati nel singhiozzo aprendo.
Rovesciata era l’ara e sparsa e infranti
canestri e vasi e tripodi e coltelli.
Ma che bado io piú qui? Dar l’armi ai servi,
assicurar le porte e far ripari
tosto si converrá, ch’aspro fra poco
senz’alcun dubbio soffriremo assalto.