Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/89

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atto primo 83


Orazio.   Per l’appunto, signora, io son quel desso.

Camilla.   Me ne consolo grandemente.
Antea.   Adunque
il non averla conosciuta m’ha
fatto fin qui commettere error grande,
perch’io doveva rallegrarmi súbito.
Ma mi rallegro ora per allora.
Io sono Antea Spingardi e me le fo
conoscer serva; questa è mia figliuola
Camilla. Io debbo molto alla sua casa,
e però in ogni tempo e in ogni luogo
ed in ogni occasione.
Orazio.   Or potrò pure
sperar...
Camilla.   Avverta, la signora madre
le parla ancor.
Orazio.   Non ha finito ancora?
Antea.   Cercherò comprovarmi, e tanto piú
ch’ora son per accrescersi i motivi
e nascer nuovi titoli, ond’io sempre
studierò tutti i modi per distinguermi
infra tutti color che la distinguono.
Orazio.   Signora sì, come comanda, io le
son schiavo. Or non sarammi giá, cred’io,
disdetta di venirla a riverire
a casa e di passar qualche ora seco.
Camilla.   O qui non si usa ciò con le fanciulle;
può intendersi però con la signora
madre.
Orazio.   Ma dovrò io passar per tutte
quelle trafile di cerimoniali?
Camilla.   Ella in ciò veramente eccede un poco;
ma è suo costume e bisogna però
lasciarla far. Per questo conto io certo
le darei poca noia, anch’io ci sono
naturalmente contraria.