Pagina:Maffei - Verona illustrata IV, 1826.djvu/62

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56 capo primo

nieri; e così nella compra delle lane e delle sete, come nel pagamento delle mercedi, ragion volendo che ognuno possa viver dell’arte sua. E poichè di limosine non si suol mancare a gli oziosi, abbiasi per certo che carità assai più meritoria sarebbe quella di mostrarsi talvolta alquanto più liberali e discreti verso que’ poveri mestieri co’ quali altri s’ingegna di campare in qualche modo operando la vita. Ma può aversi il finora detto per nulla, se si considera il benefizio che tirar potrebbe la nostra città da questo suo frutto, quando la seta non preparata solamente, ma in gran parte almeno ne uscisse in opera e in drappi. Frutterebbe cento quel ch’or frutta venti, e con grandissimo aumento anche del publico erario, crescerebbe subito la popolazione incredibilmente. Tante migliaia di persone concorse da non gran tempo a formare in poca distanza nuove città, e che col lavorare le nostre sete sussistono, ne posson far testimonio. Que’ nostri lavoranti, che per fraudolenza, o per pigrizia e scioperatezza screditano qui le manifatture e farli, dovrebbero severamente punirsi. Poca seta si fa ora sottile ed alta a più fini lavori; ma questo dipende dall’arbitrio di chi la fa tirare, e dallo sceglier le galete, (bozzoli a Firenze) e dalla diligenza e perizia delle maestre, potendo per altro in più parti del territorio farsi lucide e fine a piacere. Gli strumenti e ordigni che vanno in giro per torcere, detti in Lombardia Filatorii, furono inventati da acqua a Bologna, per lavorar le seti sottili con uguaglianza e con poca spesa. Se ne