Pagina:Maffei - Verona illustrata IV, 1826.djvu/91

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antichità romane 85

consenso delle parti; ma la sua proporzione non si può godere, perchè ne resta sepolta gran parte; cioè tutto il piedestallo, ch’era il terzo dell’altezza delle colonne, come può vedersi in quello che sopra il fosso del Castello resta scoperto, e come han notato ne’ lor volumi i maestri in Architettura. L’altezza però dell’apertura dell’Arco crcscea di due larghezze, essendo la larghezza di piedi 11, e l’altezza considerata dal piede quasi di 24. Le due nicchie adunque, che da ogni parte si veggono, e nelle quali posavano altrettante statue, rimanevano in giusta altezza. Fu in quest’edilizio singolarmente, e anche in alcun altro de’ nostri, che parve al Palladio di scoprire, come gli Antichi per congiunger sì ben le pietre, che appena ne apparissero le comissure, usassero di non lavorare interamente, nè squadrare l’esterna lor faccia, se non dopo messe in opera. È osservabile che una porta non molto grande era nel fianco, e di altra simile nell’altro vedesi il segno interiormente: le colonne angolari parimente venivano a far faccia anche su i lati. Potrebbe però sospettarsi che l’Arco avesse formato un quadrivio, e avesse dato passaggio da ogni parte, come quadrifronte facessi Giano talvolta, e chiamavasi gemino, il che si ha da Macrobio (l. i, c. 9), e da Isidoro (l. 8, c. 12): ma piccola essendo e bassa rispetto alle due principali aperture tal porta, è più tosto da credere che per essa si entrasse in cameretta, della quale di qua e di là pur rimane il vacuo, indi per gradini a chiocciola si salisse in altra, della cui fenestra vestigio in fatti si vede