Pagina:Maineri - L'adolescenza, Milano, 1876.djvu/60

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— Che vuole, le gettarono delle funi, le dissero che se le legasse alla vita, la incoraggiarono a tentare il passo che nessuno di loro aveva voluto tentare per andare a prenderla; ma la giovane non faceva altro che strillare e disperarsi. Ognuno sperava che le acque sarebbero scemate; ma quando scemarono la povera ragazza non c’era più. Intanto il buio della notte s’era fatto più fitto, l’impossibilità di scampo più grande, e la scena più lacrimevole e paurosa per le voci degli uomini che agitando dei mannetti di paglia accesa correvano di qua, di là proponendo mille cose senza farne una, confusi e storditi, e per le strida e i pianti delle donne che accrescevano la confusione e lo sgomento. La meschina, come se avesse indovinato il proprio destino, con l’acqua a mezza vita si teneva aggrappata ad un masso, e vi stette, finchè non potendo più, e il fiume crescendo, scomparve ad un tratto e non la rividero più che il giorno dopo, morta, laggiù al ponte impigliata in un grosso cesto di vetrice. La piena non l’aveva sfigurata, e, tranne di una forte ammaccatura in un braccio e qualche piccola graffiatura alle mani e alla faccia, serbava ancora intatte le belle e robuste fattezze de’ suoi vent’anni.

Se ne parlò per del tempo in questi monti di quel triste caso, chè la fine della fanciulla dispiacque proprio a tutti, e nessuno di quella gente passa di qui senza pregare per quella poveretta.

In così dire il giovine brigadiere si alzò per continuare il cammino, e noi gli tenemmo dietro non senza dare uno sguardo a quei massi fatali ed un pensiero pietoso alla povera annegata.