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18 ricordi delle alpi.

proiettavansi splendidamente dalle vette acuminate.

Uscito di casa, costeggiai la sinistra del Màllero, per la così detta via Gòmbaro, e discesi in quello spiazzo ove, poc’oltre la metà, sulla destra, sorge il molino a zolfo, industria ch’è un tanto bene per le travagliate viti della Valtellina.

La bandiera tricolore italiana, raccomandata dall’onesto operaio dell’opificio a una asta fissa obbliquamente al di sopra della porta, sebbene impallidita per la polvere dello zolfo, mi parve il più bel saluto mattutino in quel sito, dove in alcun’ore del giorno i nostri bravi soldati facevano sentire gli spari de’ loro moschetti per l’esercizio del tiro a segno nel lato superiore della spiazzata.

Venuto dalla Liguria, pensando al passato, quando lo straniero stanziava in questa contrada, non potei a meno di ragionare meco stesso: «Grazie al cielo il battere del tamburo austriaco e il suono altiero delle sue fanfare non isveglia più gli echi di questi monti, allorchè sin dal primo mattino pareva rammentar con ischerno a questi generosi alpigiani, che la fede italiana sarebbe sempre stata un’amara illusione. A quei dì i campi d’istruzione pel povero coscritto lombardo erano sulle rive nebulose del Danubio.» —