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l'ossario. 91

sudore freddo m’aveva madido tutta la fronte e le gote, e, per quanto mi sforzassi di sottrarmi a quel fascino, non lo potevo.

Nella parete di fronte, la principale, sorge un altarino di legno, sulle cui braccia i teschi sono messi in ordine con maggior cura, e questi sono i più conservati: e proprio nel mezzo, dov’è posta la pietra sacra, se ne scorge uno coperto d’un berretto da prete. Ha le occhiaie larghe come due lanterne, e le ganasce aperte in atto di fiero spasimo.

Continuando a stare là quasi confitto alle aste del cancello, gli occhi immobili e fissi su di lui, mi riuscì vincere la ritrosìa, e così me gl’indirizzai:

— Dimmi, fosti tu dei buoni del Nazzareno?

Le ganasce s’agitarono, ma non ne venne alcuna voce o suono distinto: apparvero solo alcune bolle di bava sanguigna a imporporare le labbra spolpate.

— Oppure, continuai, dei profanatori del santuario?

Qui le ampie mandibole allargaronsi oscenamente e lasciarono vedere la figura d’un rospo enorme, che si sforzava di uscire dalla gola; e un rantolo cavernoso si spegneva tutto in questa dolorosa interjezione: — Oh!

Don, don, don! — erano i primi tocchi del vespro, che oprarono sul mio cervello a guisa