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volle sapere a puntino in quali acque navigasse; si spaventò, si raccomandò alla Madonna dei Miracoli, ad avvocati, a santi, a uomini d’affari; ebbe la fortuna di trovare una valente e proba persona, l’avvocato Mirovich, che accettò di mettersi a pope e promise condur la barca a salvamento. Si introdussero grandi economie nella famiglia, si mise Nepo in collegio, si vendettero due tenute in Friuli; e certe anticaglie polverose, degne agli occhi della contessa d’esser buttate in rio, uscirono dal granaio del Palazzo per finire al museo Britannico.

Mentre le guaste fortune di casa Salvador si andavano racconciando, Sua Eccellenza Nepo assodava la, sua riputazione in collegio. Aveva memoria prodigiosa, parola assai facile; non era sfornito d’ingegno, se ne attribuiva con l’aiuto dei maestri e di compagni adulatori, moltissimo. Escito di collegio, studiò leggi a Padova.

Nell’Università il suo nome non si levò sugli altri. Con il grosso degli studenti, scapestrati aperti, democratici intus et in cute, egli, delicato e molle, non poteva accordarsi. Non ebbe adulatori; fu addetto a una chiesuola timida di eleganti, motteggiata, satireggiata dagli altri. Trovava modo di sdrucciolare spesso a Venezia e d’indugiarvisi. Si occupava di economia politica e sapeva fare l’elegante, comparir signore, applicando segretamente la legge del minimo mezzo.

I suoi primi passi nella società furono fortunatissimi. Egli era una speranza bianca e rosea di mamme e di figliuole, una speranza di quei patrioti che desideravano alta la illustre nobiltà veneziana. Quando si annoveravano nei crocchi i più valenti giovani di Venezia, qualcuno cominciava a dire «c’è Salvador». Gli bastava per questo, a lui patrizio, conoscere il tedesco, l’inglese, essere abbonato all’Economist e al Journal des Economistes, andare a qualche seduta dell’Istituto, spiegare da Florian cosa avessero fatto di tanto noioso i pionieri di Rochdale per seccare l’universo. In pari tempo svo-