Pagina:Malombra.djvu/320

Da Wikisource.
 
— 316 —
 


Silla s’inchinò.

— Non intendo — rispose — far dire alle parole più del dovere e non me ne rimprovero una sola. Del resto, ero venuto per dire a Suo padre che domani non posso pigliar lezione. Vorrebbe Lei avere la estrema bontà di avvertirnelo?

— Lo farò certo.

— Mille grazie. Buon giorno, signorina.

Egli andò e riprese il suo povero libro sullo scaffaletto.

— Perchè? — disse Edith.

Egli sorrise scotendo la testa come per dire — che Le ne importa?

— Mio padre l’ha veduto — diss’ella, quasi timidamente, ma senza emozione. Silla posò il libro sul tavolo e, fatto un saluto profondo, a cui ella rispose appena, uscì.

Edith, rimasta sola, tornò a sedere presso alla finestra e riprese sulle ginocchia il fazzoletto che stava orlando per suo padre. L’ago era caduto a terra e n’era uscito il filo. Ella volle infilarlo di nuovo. Le tremavano le mani; era impossibile venirne a capo. Allora chinò il viso come se lavorasse, e andò poco che due grosse lagrime caddero sulla tela. Si alzò, depose il fazzoletto, andò a pigliare Un sogno, l’aperse stando in piedi presso il tavolo e, tosto vista la dedica manoscritta, voltò senza leggere, alcune pagine. Quindi, sfogliando pagina per pagina, tornò alla dedica, vi si fermò. Per quanto tempo!

Finalmente chiuse il libro con violenza, andò a metterlo sullo scaffaletto dietro il busto di Schiller. Se ne pentì, lo riprese, lo pose accanto al busto dove l’aveva messo prima suo padre. Aperse il balcone e si appoggiò alla ringhiera.

Pioveva sempre e tirava vento. I ciuffi verdognoli degli alberi che rizzavano il capo tra casa e casa, lontano, si dondolavano malinconicamente. Una cortina biancastra chiudeva l’orizzonte tutto all’ingiro; dal lembo inferiore