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EMANUEL DE ORMENGO

TRIBUNATU MILITARI APUD SABAUDOS FUNCTUS

MATERNO IN AGRO

DOMUM

MAGNO AQUARUM ATQUE MONTIUM SILENTIO CIRCUMFUSAM

AEDIFICAVIT

UT SE FESSUM BELLO

POTENTIUM INGRATITUDINE LABORANTEM

HUC

VESPERASCENTE VITA RECIPERET

ATQUE NEPOTES

IN PARI FORTUNA

PARI OBLIVIONE

FRUERENTUR




MDCCVII.


— Eh! — esclamò il conte, ritto, dietro Silla, sulle gambe aperte e con le mani congiunte sul dorso. — Questo mio buon bisavo ha assaggiati e sputati i re, come vedete. È per questo che io non ne ho mai voluto rigustare, e credo non servirei un re, se non quando dovessi scegliere tra lui e il canagliume democratico. Un uomo di ferro quello lì. Non c’è che principi e democrazie per rompere e buttar via uno strumento simile. Uuh! Voi non credete quello?

— Io sono devoto al re — rispose commosso il giovane — e mi sono battuto con lui per l’Italia.

— Ah, per l’Italia! Molto bene. Ma Voi mi dite il caso di un giorno e io parlo di istituzioni che si giudicano sulla testimonianza dei secoli. Anch’io tengo un segretario democratico e gli voglio molto bene perchè è il più buono e onesto bestione della terra. Del resto se avete un ideale non lo voglio guastare, qualunque esso sia, perchè senza ideale il cuore cade nel ventre.

— E il Suo ideale? — disse Silla.

— Il mio? Guardate un poco.