Pagina:Malombra.djvu/466

Da Wikisource.

— 462 —

egli. — Quella bestia del cuoco che non viene a dirmi niente!

— È una cosa impossibile — disse Silla.

— Lo credo bene. Non gliel’ho detto, io, stamattina? Tutt’altro che guarita! E il dottore, quando viene?

— Veramente dovrebb’essere qui a momenti. È venuto stamattina, un minuto prima che la si svegliasse e ha detto che non poteva tornare prima delle due. Adesso c’è a letto con la febbre anche la Giovanna.

— Signor Silla — disse il Rico dalla porta della biblioteca — ha detto così la signora donna Marina di far piacere ad andar su da lei un momento.

— Ci siamo — pensò il commendatore. — Bel dramma, però.

Silla entrò in casa senza dir parola.


Il Rico lo accompagnò di sopra, gli aperse l’uscio della camera dello stipo antico.

Marina era ritta in mezzo alla camera, nella luce delle finestre spalancate.

— Lascia aperto — diss’ella al ragazzo, prima di rivolgersi a Silla. — E adesso scendi in giardino, va ad aiutare tuo padre e Fanny. Subito!

Ella uscì nel corridoio, vi si trattenne un momento ascoltando il ragazzo scender le scale; poi si voltò rapidamente a guardar Silla.

Portava la stessa veste bianca a ricami azzurri della sera precedente; aveva i capelli in disordine, il viso livido.

Silla s’inchinò ossequioso. Rialzando il viso, la vide voltargli le spalle, muover lenta verso la finestra. Ella tornò poi a furia sulla porta del corridoio, chiamando:

— Rico!

Ma il ragazzo era già lontano e non intese. Si fermò allora a guardar Silla per la seconda volta, e disse:

— Nessuno. Non c’è nessuno.

Egli non potè fraintendere il lungo sguardo pieno di