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164 Le memorie nel vecchio


più vile e più superbo dell’umana mineralogia!

Come nelle foreste i vecchi tronchi degli abeti e delle querce ci narrano le glorie della loro lunga vita coi licheni policromi e le molli borracine che li rivestono, e nelle cento cicatrici ci narrano gli schianti dei fulmini, i colpi d’ascia del boscaiuolo, i capricci degli amanti; così ogni cosa antica escita dalle mani dell’uomo ci parla sommessamente, misteriosamente e in diverse lingue la lunga e paziente e dolorosa storia della civiltà.

I marmi ce la raccontano con le corrosioni delle nere verrucarie, i bronzi con il fiato verde della loro pattina, i graniti con l’appannatura del feldspato decomposto. Il legno ci ripete coi suoi gemiti il morso secolare e paziente dei tarli; e il vetro stanco di tanta luce passata attraverso le sue trasparenze, si riposa nell’iride dei raggi da lui decomposti. Perfino l’immortale porcellana di Satsuma ci ricorda nella sfumatura lasciatavi dai secoli un’arte obbliata coi nomi dei suoi grandi artefici.