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274 dialogo intorno alla vecchiezza

verità, doversi immaginare un uomo arso da quell’ardentissima fiamma. "Chi mai crederebbe, sotto la brutale contrazione di tanto incubo, potesse diverso desiderio o pensiero schiudersi la via nella sua mente? Avvisava nulla esservi di più vituperoso ed iniquo della voluttà la quale se per lungo tempo irrita i sensi dell’uomo, irreparabilmente ne spegne ogni lume dell’intelletto."

Tale ragionamento tenne Archita con Caio Ponzio Sannito genitore di quello stesso che sbaragliò l’esercito dei Consoli Publio Postumio, e Tito Vetturio nella battaglia di Caudio. Nearco di Taranto ospite nostro, e tanto innoltrato nelle grazie del popolo romano, affermò averlo udito da persone già attempate, e soggiunse essere stato presente a quelle parole l’ateniese Platone, che siccome ho letto, aveva preso stanza in Taranto sotto il consolato di Lucio Camillo e di Appio Claudio.

Ma a qual fine vengo io a narrarvi tante cose? È mio intento di persuadervi che se non bastasse la sola ragione e la filosofia a rendere odiosi i piaceri sensuali, teniamo almeno dovere di gratitudine alla vecchiezza, la quale non ne lascia più desiderare quello che non ne bisogna.

La passione delle voluttà ci toglie il retto criterio, oscura il pensiero, e non associasi mai con la pratica di qualsiasi virtù.

Io stesso feci cassare dal Senato, otto anni dopo il suo consolato, Lucio Flamminino fratello di quell’ottimo e valoroso Tito Flamminino, e malgrado il facessi di mala voglia, ne vergai il decreto, pensando che contro la di lui sfacciata libidine un esempio fosse necessario. Mentre stava Console in Gallia quell’uomo, fra i vapori