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GIAN RINALDO CARLI 381

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tante sorriso di superiorità l’incognito, indi gli chiede s’egli era forestiere. Questi con un’occhiata da capo a’ piedi, come un baleno, squadra l’interrogante, e con aria, di composta e decente franchezza risponde: No signore. È dunque milanese? riprese quegli. No signore, non sono milanese: soggiunge questi. A tale risposta atto di maraviglia fa Alcibiade, e ben con ragione, perchè tutti noi, che eravamo presenti, colpiti fummo dalla introduzione e dalla novità di questo dialogo. Dopo la maraviglia e dopo la più sincera protesta di non intendere, si ricercò dal nostro Alcibiade la spiegazione. Sono Italiano, rispose l’incognito, e un Italiano in Italia non è mai forestiere; come non lo è in Francia un Francese, in Inghilterra un Inglese, un Olandese in Olanda e così discorrendo. Si forzò Alcibiade di addurre in suo soccorso l’universale costume d’Italia di chiamare col nome di forestiere chi non è nato e non vive dentro il recinto d’una muraglia; perchè l’incognito, interrompendolo, replicò: fra i pregiudizi dell’opinione v’è certamente in Italia anche questo, nè mi maraviglio di ciò, se non allora che abbracciato lo veggo dalle persone di spirito, come parmi che siate voi; le quali con la riflessione, con la ragione e col buon senso dovrebbero aver a quest’ora trionfato dell’ignoranza e della barbarie. Ma fatemi grazia, disse Alcibiade, voi non siete soggetto alle leggi di Milano; e la diversità delle leggi è quella che distingue la nazionalità. Le leggi universali e generali sono, rispose l’incognito, fatte per tutti e tutti ugualmente dobbiamo obbedirle: ma, se sotto nome di leggi voi intendete le costituzioni e statuti particolari di un paese, io ho l’onore di dirvi, che, sino a tanto che io dimoro a Milano, sono a questi soggetto quanto lo siete voi; mentre s’io avessi per mia disavventura una lite civile o criminale, sarei giudicato a tenore di questi statuti e non di quelli sotto a’ quali sono nato: così alla fine del carnovale mangio in buona coscienza di grasso, vo in maschera, al ballo, al teatro nei giorni ne’ quali per tutto il rimanente d’Italia, e della cristianità di comunione romana, è proibito tutto questo; e come giorni di quaresima si va a predica, si mangia di magro e si digiuna. Tutto quel che volete, replicò Alcibiade: ma è certo che voi non siete milanese, e chi non è milanese è in Milano considerato un forestiere. Sorrise l’incognito, e, dopo breve pausa, riprese: Voi, signore, siete italiano? Alcibiade affermò che sì. Io pure sono italiano, disse l’incognito, dunque siamo della medesina nazione; abbiamo amendue il medesimo linguaggio, la medesima religione, i medesimi costumi, le medesime leggi generali: che importa che voi siate nato fra certe case situate in un certo punto d’Italia, ed io fra certe altre? Che importa, che voi stando qui mangiate di grasso e andiate in maschera i primi giorni di quaresima; e che io, stando altrove, mangi di magro e digiuni? Altro