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„Quanto non ho io ammirato, durante il mio viaggio in Grecia, diceva a Venezia l’arciduca Massimiliano, a Monsignor Benedetto Kraglievich, l’amore del popolo greco verso il suo Re....! ovunque io entrava, perfino nelle più umili capanne, io vedeva il ritratto del Re posto presso le immagini de’ santi.... e quella buona gente me lo mostrava colle lagrime agl’occhi.... il nostro Re! mi diceva essa, il nostro Re!....

Si sa che Sua Maestà fu costretta, a motivo del mal tempo, dar fondo a Navarino. La notizia del suo arrivo si diffuse come il lampo, ed in un momento le popolazioni dei dintorni, vecchi, donne, fanciulli accorsero dinanzi al comun padre!.... Non era entusiasmo, ci fu scritto da Navarino, era un delirio! le madri mostravano a dito ai loro figli Sua Maestà, i vecchi piangevano.... i giovani avevano il volto contratto dalla commozione!... quanto si deve andar superbi di essere tanto amati dal suo popolo!“

Si sa con quale entusiasmo la nostra città accolse le Loro Maestà, nè io mi ci trattengo.

Parecchi giornali parlarono di que’ mille sonetti che piovevano quel giorno sul passaggio del Re. La poesia entra in tutti gli atti della vita del popolo greco. Fra quelle numerose composizioni poetiche, fu molto lodata quella su cui si leggeva il nome, Manussos. L’autore è un giovane poeta che si distingue non solo nella lingua d’Omero ma in quella pure di Dante.