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Pagina:Manzoni.djvu/102

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100 il manzoni a parigi.

Manzoni, e convenuto con lui che il miglior modello di verso sciolto italiano era quello del Parini, che molto probabilmente il Manzoni fece conoscere al Fauriel e non, di certo, viceversa. Il Sainte-Beuve scrive, del rimanente, egli stesso parlando del Manzoni: "Le divin Parini, comme il l’appelait quelquefois, fut son premier maître; mais, en avançant, son vers tendit de plus en plus à se dégager de toute imitation prochaine, à se retremper directement dans la vérité et la nature." Il che è vero soltanto, se si confronti lo sciolto della tragedia con quello del Carme per l’Imbonati, ma non potrebbe stare se si volesse riguardare come un progresso l’Urania ed altri componimenti lirici immediatamente successivi, rispetto a quel primo Carme mirabile per verità e naturalezza. Ma a questo punto non mi giova più citare; mi conviene invece riferire, per intiero, quanto il Sainte-Beuve ci lasciò scritto intorno ai discorsi principali che si tennero su argomenti letterarii fra il Manzoni ed il Fauriel, dall’anno 1806 all’anno 1808.

«Quante volte (scrive il Sainte-Beuve), correndo l’estate del 1806 o alcuno degli anni dipoi, nel giardino della Maisonnette e fuori, per le colline di Saint-Avoie, sul pendio di quella vetta, onde si scorge sì bello il corso della Senna, e l’isoletta coperta di salici e di cipressi, da cui l’occhio si allarga contento su quella fresca e tranquilla vallata, quante volte i due amici andavano ragionando tra loro sul fine supremo d’ogni poesia, sulle false immagini di che conveniva spogliarla, sull’arte bella e semplice che bisognava richiamare alla vita! Certo, il Cartesio non fu tanto