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Pagina:Manzoni.djvu/70

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68 carme autobiografico.

ria, poichè nell’anno 1810 che era, a pena, il trentesimoprimo della sua vita, egli miseramente s’uccise. L’ingratitudine è cosa mostruosa in tutti, ma più nei grandi ingegni. Ora io non posso credere che il Manzoni fosse ingrato a quel Lomonaco, il quale fu uno degli scrittori che lo fecero maggiormente pensare, e quello che importa, pensar giusto. Io ho voluto rileggere la Vita di Dante scritta dal Lomonaco. Ora, udite quali parole si leggono in fine di quella Vita: «I benemeriti della repubblica letteraria non sono i pedanti, o i servili imitatori, bensì quei che informati di una qualche potenza vivificativa sanno altamente e profondamente pensare. Un filosofo interrogò una volta l’Oracolo: quai mezzi praticar dovesse per divenir immortale, e l’Oracolo gli rispose: Segui il tuo genio.» Ci sono simpatici quegli scrittori che esprimono meglio i nostri proprii sentimenti; il Manzoni deve aver detto leggendo tali parole: esse furono scritte per me; ed averle presenti quando, due o tre anni dopo, scriveva in Parigi il suo programma civile e poetico, ossia il Carme per l’Imbonati.1

È vera fortuna per l’Italia che, nella primavera dell’anno 1805, Alessandro Manzoni abbia dovuto recarsi in Francia. È possibile, invero, che proseguendo

  1. È giusto tuttavia l’avvertire che consigli simili il Manzoni dovea averli talora intesi dallo stesso Monti. Questi, in una sua lettera di risposte al Tedaldi-Fores, ringraziando il giovine Poeta romantico per un Inno all’Aurora, gli scriveva come lo potrebbe ora fare un manzoniano: «Perchè in avvenire trionfi ne’ vostri versi l’affetto, innamoratevi, fate che le vostre idee prima di andar sulla carta passino per mezzo il fuoco del cuore; in una parola, sentite