Pagina:Manzoni - La rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, Milano, 1889.djvu/35

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introduzione 15

suo sventurato re Luigi XVI, per il grande aiuto che n’ebbero nella dubbia impresa. È anzi uno dei bei caratteri di quella virtuosa e sensata, non meno che eroica, Rivoluzione; e sarà bello per la nostra l’aver comune con essa un tal sentimento; come, in mezzo a tante diversità di circostanze, di modi e di vicende, ebbe comune la giustizia della causa, e la felicità della riuscita. Insieme poi col pericolo della parzialità in favore della propria Nazione, c’è, in ogni confronto del genere di quello che siamo per intraprendere, il pericolo dell’ingiustizia verso la Nazione straniera. Ma, in questo caso, come in parecchi altri, l’osservazione de’ fatti basta a prevenire que’ giudizi frettolosi, con cui s’accusano spesso le Nazioni d’eccessi, de’ quali furono in effetto le vittime.

È il vecchio e perpetuo plectuntur Achivi1. E, in questo caso principalmente, i fatti serviranno, crediamo, a dimostrare che quanto ci fu in essa d’ingiusto e di detestabile sia da riferirsi, come a prima cagione, alle ambizioni e alle apprensioni, ugualmente cieche, d’alcuni, che aprirono, senza intenzione, ma senza scusa, il campo ai furiosi e agli scellerati: troppi, certamente, e quelli e questi; ma piccola parte, tutti insieme, della Nazione. Che se, a que’ primi successi cooperarono, in qualche caso, anche le illimitate fiducie e i troppo pronti

  1. Horat., Epist. I. 2.