Pagina:MarinellaDellaNobiltàEtDell'EccellenzaDelleDonneEt.djvu/31

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 Chi potria mai narrar l'alte infinite
Gratie del Ciel, ch'à larga man videnno
Alma real tutti i miglior pianeti?
Venere la beltà, Mercurio il senno,
E le parole ch'à l'inferno udite
Quei, c'han pena maggior farien più lieti.

Che la Natura ci concorra lo dimostra il Petrarca in questo sonetto.

In qual parte del Cielo, in qual Idea
Era l'essempio, onde Natura tolse
Quel bel viso leggiadro, in ch'ella volse
Mostrar qua giù quanto la sù potea.

Et finalmente, che Amore sia origine, et principio della bellezza, lo manifesta l'istesso Autore in questo sonetto.

Onde tolse Amor l'oro, e di qual vena
Per far due treccie bionde; e'n quali spine,
Colse le rose, e'n quale piaggia le brine
Tenere,e freschie: e diè lor polso, e lena?
Onde le perle, in ch'ei frange, o affrena
Dolci parole honeste,O pellegrine?
Onde tante bellezze; e sì divine
Di quella fronte più;che'l Ciel serena?
Da quali Angeli Mosse, e da qual spera
Quel celeste cantar, che mi disface
Sì che m'avanza homai da disfar poco?
Dì qual sol nacque l'alma luce, altera
Di que' begli occhi, ond'io hò guerra, e pace,
Chi mi cuocono il core in ghiaccio, e'n foco?

A cagionare adunque questo ricco theforo et presagio della bellezza si ricercano tutte le parti del