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Pagina:Marinetti - Teatro.djvu/563

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Sudiciani

facendo capolino da sotto la tavola:

Sono riuscito a svellere dieci fasci di fili elettrici. Ora distaccherò anche l’ultima lampada ad arco. Ma a chi parla Mollazzon? Oè! Dove sono i convitati, Mollazzon?

Mollazzon

Furono tutti solennemente invitati a questo banchetto destinato a digerire funebremente l’ultimo treno e gli ultimi autocarri! Ma non sono venuti, evidentemente affranti da stanchezza per il loro assiduo allenamento alla morte fatto in quelle comode casse da morto. Mi dispiace questo loro ritardo. Perderanno l’arrivo dell’ultimo treno, che ha fortunatamente un lusso di ritardi.

Sudiciani

E’ un buon treno lento.

Mollazzon

Lentissimo, affranto. Si è fermato un mese in ogni stazione del regno. Sono ormai dieci anni che è in cammino.

Sudiciani

Bravo treno che ha saputo così allenarsi perfettamente a vivere fermo per l’eternità. Il macchinista ha così tutto il tempo necessario per fissarsi bene negli occhi una copia di ogni stazione. Ah! Copiare! Santa cosa! Riprodurre, rifare esattamente! Arricchire il mondo di copie. Conservare la vita, vincere la morte, accumulando le copie di ogni cosa viva! Beffare la realtà, che si crede unica, con nuove realtà identiche. Ah! Sono anch’io affranto! (Distaccando il globo della lampada ad arco) Pesante! Ora mi riposerò in questo letto ideale.

Si allunga in una delle casse da morto azzurre.


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